di Benito Olmeo
Introspezione, silenzi, vuoti. Luna ci comunica attraverso le sue espressioni e il suo racconto come si può trovare la felicità sorridendo alla vita.
Ci racconti un po’ di te?
Sono nata a Torino da mamma sarda e papà piemontese. Mi sono trasferita in Sardegna nel 1994. Sono appassionata di fumetti sin da piccola. Divoravo Dylan Dog, Lancio Story, Scorpion, tanto che all’epoca sognavo di diventare una fumettista. In realtà la mia crescita professionale mi ha portato ben lontana, ma questa passione mi ha accompagnato tutta la vita. Da vent’anni sono buddista. Sono cresciuta con questa filosofia, grazie a mia madre che iniziò a praticarla quando io avevo otto anni. Amo i viaggi. Ho avuto la fortuna di viaggiare sin da giovane. Il primo viaggio è stato in Messico quando avevo 24 anni, ma ho viaggiato principalmente in Asia: Thailandia, Cina, Indonesia, Filippine e Nepal, luoghi in cui arte e cultura mi hanno rapito e cambiato radicalmente. Mi ritengo una persona fortunata e ogni giorno ringrazio per la mia buona stella. Disegno per bisogno, non l’ho mai considerato un’arte ma una e vera propria cura. Quando disegno mi isolo e mi estranio completamente, è quasi una terapia dove mi sfogo e butto fuori tutto quello che ho dentro, che è di troppo. Lo associo spesso al daimoku – la meditazione buddista – un mezzo che oltre che introspettivo, innalza il mio stato vitale e mi fa stare decisamente meglio! L’arte è per me una manifestazione del mio stato interiore, un’esigenza come sfamarsi, dormire, fare l’amore. Ognuno ha la propria forma e il modo che più lo rappresenta. Da qualsiasi punto di vista ogni persona ha la sua forma d’arte.
Come e quando l’arte in senso stretto è entrata a far parte della tua vita?
Forse disegno da sempre perché non ho memoria del momento in cui ebbe inizio. Mi ricordo che a scuola ogni giorno riempivo il banco di scarabocchi, cancellavo e ricominciavo, senza lasciare uno spazio libero. Con l’andar del tempo capii che non riuscivo a seguire la lezione se non impugnando una matita e abbassando la testa. Anche i professori si accorsero presto che la mia concentrazione migliorava se mi immergevo nel disegno. A tutt’oggi non potrei guardar un film, la sera, senza addormentarmi all’istante se non stessi disegnando.
Oltre che un forte mezzo di comunicazione, pensi che l’arte in qualche modo possa aiutare a cambiare e scuotere la polvere che abbiamo nell’anima?
L’arte è un linguaggio, è un modo di comunicare, un messaggio, uno stato d’animo, molto spesso un malessere o un disagio. Ogni cosa che porta a forme creative è arte, racchiude opinioni, sentimenti, pensieri. A mio avviso non può esistere una interpretazione univoca del concetto di arte. Ogni individuo ha un suo codice di lettura per ogni opera, estremamente soggettivo, a volte dettato da preconcetti eretti in una vita, cultura, periodo storico, oppure da stati d’animo che influenzano notevolmente il grado di interpretazione. La fantasia è la forza motrice di ogni forma d’arte. L’inconscio contribuisce a manifestare concretamente l’interiorità di ogni individuo. L’arte nella società dovrebbe aver più peso. In un mondo industrializzato e standardizzato, dedito principalmente al consumismo, l’arte dovrebbe aver il ruolo e il compito di estraniare l’individuo dalla realtà che, ahimè, viviamo tutti!
Che rapporto c’è tra arte e società?
Credo che il rapporto tra arte e società sia molto cambiato in questi decenni. L’arte prima aveva un posto di rilievo. Essere artisti, coi pochi mezzi a disposizione, ed entrare nelle élite o nei salotti buoni era un privilegio; oggi con i mezzi di comunicazione, la diffusione di nuovi strumenti digitali e il crescere di pseudo-artisti, l’arte viene penalizzata e sottomessa alla mercé di chiunque.
Sogno, realtà, illusione e inconscio: quale di questi sostantivi si addice maggiormente ai tuoi lavori?
I miei lavori sono un mix di questi sostantivi. Sono opere che eseguo di fantasia quindi potrei dire che siano anche sogni. In fondo la fantasia è tutto ciò che viene per la mente e qui entra in gioco l’inconscio, l’illusione. Anche i miei viaggi hanno influito molto sui miei lavori, spesso sono ispirazioni orientali che sanno di magico. Per l’illusione potrei dire che in molte delle mie opere è predominante quella ottica, ma più semplicemente è chiara la contemplazione del femminile vista come una sorta di divinità.
La sensibilità, il vissuto, penso siano “stati” che maggiormente pizzicano le corde degli artisti, cosa mi puoi dire in merito?
Gli stati d’animo influiscono parecchio sulle corde degli artisti. L’artista apprende dal suo interiore e riversa sulla carta o sulla tela le sue sensazioni, la sua rabbia, il dolore, la gioia. Il vissuto è molto importante perché il carico delle proprie esperienze fa maturare anche il tipo di lavoro; lo si può notare osservando opere di vari periodi che inevitabilmente coincidono con le tappe della vita. La sensibilità certamente conta ma, a mio parere, conta di più il vissuto.
L’arte può curare l’anima?
È risaputo che ogni forma d’arte genera una sua energia capace di sprigionare nel nostro corpo degli effetti benefici, non solo per chi la esegue ma anche per chi ne usufruisce. Ecco perché esistono delle vere e proprie terapie che conoscono un po’ tutti. Sin da piccoli siamo affascinati dall’arte perché abbiamo un forte legame con la creatività e di conseguenza la ricercatezza del bello o del colore ci infonde una sorta di benessere. Credo proprio che l’arte in genere sia una cura per disintossicarsi dal marcio che ci circonda, da tutti quegli aspetti negativi della vita quotidiana e nel componimento di un disegno o di un dipinto e nell’ammirare il risultato, gioiamo e ci ritroviamo in noi stessi.
“Nessuna opera d’arte erotica è una porcheria, quand’è artisticamente rilevante, diventa una porcheria solo tramite l’osservatore, se costui è un porco”. Questa frase di Egon Schiele penso dica tutto sull’ipocrisia dell’uomo, cosa mi puoi dire in merito?
L’arte in generale è soggettiva, questo nella stragrande maggioranza del pubblico. La società tende a manifestare disappunto in quel qualcosa che ritiene fuori dalle regole. Nel caso dell’arte erotica vengono fuori quei meccanismi che sono stati indotti dalla chiesa come atti immorali ma che invece sono la più naturale espressione del nostro essere. La nudità, la fragilità dell’essere uomo o donna che sia, mettono in luce la vulnerabilità e forse è questo ciò che dà più fastidio alla gente. Ovviamente c’è anche il lato privato: osservare un nudo erotico entra nella sfera intima delle persone che in modo ignorante tendono a definirle come qualcosa di sporco, del quale vergognarsi, ma io penso che sia una questione di mentalità. Per me un nudo o l’erotismo in generale, sono parte della personalità e dell’essere umano e non credo ci si possa vergognare di una condizione così naturale.
foto: Donato Manca