Siamo orgogliosi di proporvi il nostro incontro con la talentuosa Veronica Abozzi. Un sogno da realizzare e una lunga lista di successi che promette di crescere ancora, il tutto unito dall’amore per la sua Sardegna: sono questi gli ingredienti con i quali Veronica ci consente
di preparare la gustosa intervista che vi sottoponiamo, naturalmente accompagnata da un ricercato sottofondo musicale con la sua splendida voce da soprano.
Ci racconta come e quando è iniziata la passione per il canto lirico?
La passione per il canto mi accompagna sin da quando ero bambina, ho sempre amato cantare. Ho scoperto il canto lirico a sedici anni, quando mi resi conto che, imitando i grandi soprani, avevo facilità nell’ottenere una voce impostata.Il destino ha voluto che, quattro mesi dopo questa “scoperta”, ci fossero le ammissioni per canto al Conservatorio; ho deciso quindi di tentare questa nuova avventura. Ricordo di aver avuto pochissimo tempo per preparare due arie antiche ma passai lo stesso l’esame.
Giovanissima (nel 2010) debutta come soprano solistacon il Requiem für Mignon op.98 nella stagione sinfonica. Ci racconta le sue sensazioni ed emozioni alla prima?
Indimenticabile emozione, avevo 20 anni ed è stato il mio primo approccio a un’opera cosi difficile e affascinante di uno dei più grandi compositori tedeschi dell’800, che la compose suggestionato dalla forte impressione provocata dalla lettura del «Wilhelm
Meister» di Ghoete. Ricordo che furono giorni d’intenso lavoro con la Maestra Johanna Knauf e il Maestro Michele Nitti, chiamati appositamente per questo evento. Un’esperienza, condivisa con i ragazzi del coro e dell’orchestra del Conservatorio, che mi
ha arricchita tanto e che porterò sempre nel cuore.
Quanto tempo dedica allo studio del canto?
Studio canto ogni giorno e, se posso, almeno 4 ore: due la mattina e due la sera. Divido lo studio in varie fasi: esercizi di respirazione, riscaldamento vocale, allenamento e tecnica, repertorio e, infine, raffreddamento vocale.
Immagino che i personaggi d’opera che interpreta li senta almeno un po’ suoi. A quale, in particolare, si sente più legata?
Cantare un intero ruolo è un lavoro molto complesso e la preparazione per interpretare un personaggio è molto lunga. Occorre innanzitutto capire cosa veramente pensa e sente il personaggio, di che cosa e in che contesto vive, quali sono i rapporti che vive con gli altri personaggi. Trovare le emozioni giuste non è mai facile, nonostante sia un lavoro estremamente piacevole che ti dà la possibilità di diventare un’altra persona. I dettagli importanti sul personaggio sono nello spartito: basta leggere con attenzione e ogni nota, ogni parola, ogni frase ti portano a comprendere sempre di più, ti aiutano a interpretare sempre meglio. Bisogna studiare e lavorare sullo spartito affinché esso possa attraversare la tua anima. Quando senti che il ruolo è tuo diventa una seconda pelle e allora puoi dire di essere pronta a interpretarlo sul palco. Ancora non posso dire a quale mi senta più legata, spero in futuro a tanti e che mi coinvolgano sempre come se fosse la prima volta.
Il suo è un «Approccio stilistico e interpretativo già maturo nonostante la giovane età»: così è stata definita la sua esibizione dalla giuria che le ha permesso di essere considerata una promessa del canto lirico in occasione della 6° e 7° audizione per i giovani cantanti lirici sardi tenutasi al Teatro Civico della nostra città. Come ha vissuto questo momento?
Ringrazio la giuria per l’opportunità, è per me molto importante essere spronata a far sempre del mio meglio e questo piccolo traguardo mi ha permesso di essere ancora più determinata a raggiungere il mio obiettivo e sogno, e a non arrendermi davanti alle difficoltà che questo percorso comporta.
Quali sono le caratteristiche che deve avere un cantante lirico?
Chi vuole diventare un cantante lirico, secondo me, deve prima di tutto nutrire una grande passione, e poi possedere i requisiti e soprattutto il talento necessari per intraprendere questa carriera. Non basta solo avere una bella voce ma essere musicisti completi e anche attori: avere una grande preparazione nella recitazione teatrale, avere un vasto repertorio studiato minuziosamente. Io per prima sto lavorando per far sì che queste caratteristiche facciano parte di me.
Dal 2014 è artista del Coro dell’Ente Concerti Marialisa De Carolis. Cosa significa questo per lei e cosa prova nel portare avanti questo impegno?
È un onore, per me, poter partecipare alla stagione lirica del Teatro della mia città come artista del Coro; questo è stato possibile grazie alla collaborazione nata con il Maestro Antonio Costa. Portare avanti questo impegno è sicuramente gratificante, siamo una grande famiglia che, insieme con amore, sacrificio e tanto studio, porta in scena un ruolo, molte volte anche di spiccata tendenza nazionalistica in cui l’eroe non è rappresentato da un singolo ma da un’intera popolazione.
Assieme ad altri giovani talenti state riuscendo a portare avanti e dare lustro alla nostra isola anche all’estero. Come vive tutto questo, anche in rapporto alle sue origini che, lo ricordiamo a chi legge, sono legate alla splendida, piccola realtà osilese. Tra l’altro, oltre che per la lirica, questo territorio si sta distinguendo a livello musicale anche con altri artisti come Francesco Piu, nell’ambito del blues.
Posso dire che, a volte, non è semplice portare avanti un sogno e raggiungere gli obiettivi prefissati vivendo in una piccola realtà. Non mi riferisco solo al mio piccolo paese ma a tutta l’isola: molto spesso non ci sono i mezzi necessari e siamo costretti ad allontanarci da casa per crescere artisticamente. Tutte le volte che mi è capitato di confrontarmi con artisti nazionali e internazionali mi sono resa conto che fuori c’è un altro modo di affrontare la vita da musicista, sia per quanto riguarda l’approccio mentale, sia per lo studio e la pratica. Francesco ed io abbiamo avuto il nostro primo approccio allo studio della musica in una piccola saletta comunale di Osilo, dove noi giovani ci riunivamo per suonare e cantare: era il nostro punto di ritrovo e la nostra valvola di sfogo. Posso dire, credo sia cosi anche per Francesco, che la nostra arte sia stata alimentata da quel luogo così magico e famigliare. Amo e sono orgogliosa della mia terra, e lo sono anche di tutti i talenti che, in vari settori, stanno portando avanti e dando lustro alla Sardegna. Non posso far altro che incoraggiare tutti i giovani sardi a non arrendersi e a lottare per i propri sogni. Nello studio della musica credo sia fondamentale, se non unico e speciale, il rapporto che s’instaura tra insegnante e allievo.
La Callas diceva: «Questa è la differenza fra un buon insegnante e uno di grande valore: il buon insegnante tira fuori il meglio dagli allievi, il grande insegnante prevede l›incapacità dello studente.» Cosa pensa in merito a quest’affermazione? Quanto sono state importanti le figure dei Maestri per la sua formazione? Ce n’è uno, in particolare, che ritiene sia stato davvero importante?
Ultimamente sto conoscendo tantissimi Maestri, credo sia giunta l’ora di staccare il cordone ombelicale e vedere cosa c’è fuori dalla campana di vetro; ognuno di essi ha tanto da dare e insegnare, ne approfitto per ringraziarli tutti, soprattutto coloro che mi hanno donato un po’ della propria esperienza. A questa domanda non posso rispondere con due parole. Temo non mi basti lo spazio per parlare della mia adorata e unica Maestra, Maria Teresa Pasta, soprano sassarese che mi ha seguita sin dai primi passi in quest’avventura. Avere un bravo insegnante è fondamentale. Qualcuno che t’insegna non solo il canto ma anche a crescere come persona è un dono raro che ho avuto nella vita e non ringrazierò mai abbastanza. Mi sono sempre sentita protetta, amata e istruita come in una vera famiglia.
Qual è l’opera che l’ha emozionata di più?
Sono tantissime, ma la Traviata e la Boheme hanno la capacità di farmi piangere, nonostante siano opere cui ho assistito più e più volte.
I modelli ai quali s’ispira?
Anche a questa domanda non è facile rispondere, ci sono tanti grandi cantanti lirici che sono stati un esempio durante la mia crescita artistica e lo sono ancora oggi. Potrei citare il grande soprano Mariella Devia per la sua tecnica e pulizia vocale; la grande, divina Maria Callas per la sua innata capacità di trasmettere emozioni e il soprano Renata Tebaldi per il controllo del fiato e del fraseggio da manuale. Qual è il suo miglior pregio a livello canoro e quale il suo difetto? Forse il mio miglior pregio è l’approccio istintivo al canto e il mio difetto la troppa “aggressività” canora.
Qual è il suo pensiero sulla regia: deve essere moderna o tradizionale?
Io amo molto anche il regista che sposta le opere in epoche differenti e le produzioni moderne, se sono intelligenti. Quando c’è una ragione, si può fare tutto in scena. Posso dire però che, probabilmente, amo più le produzioni classiche. In fondo mi rilassano e mi regalano un tuffo nel passato. Quanto è importante avvicinare i giovani al mondo della lirica? L’Opera fa parte integrante della cultura italiana, trabocca delle nostre radici così come di quei sentimenti e valori che attraversano le generazioni e le uniscono, non andrà mai fuori moda. Passare questa fiaccola ai giovani, affinché non solo la preservino per il prossimo tratto di strada, ma la alimentino con la propria creatività e visione del mondo, è un compito inevitabile per noi insegnanti e amanti di quest’arte. È una sfida entusiasmante che voglio raccogliere appieno.
Veronica Abozzi artista e donna: chi è, in realtà, Veronica Abozzi?
Sono una ragazza di 27 anni, che ama il suo lavoro e che sta cercando con tutta se stessa di raggiungere il suo obiettivo, sono molto testarda e determinata. Insegno Educazione Musicale nella Scuola Secondaria di primo grado e Canto Lirico e Moderno in una scuola privata di musica. Amo l’arte in tutte le sue forme, lo sport, il viaggiare, i gatti e il cioccolato. Sono un’inguaribile romantica, amo leggere i grandi classici e rilassarmi con un bel film in costume. E, infine, vorrei concludere l’intervista invitando tutti i lettori di questa meravigliosa rivista ad avvicinarsi al mondo del teatro non solo per preservarlo ma per godere appieno di quest’arte che riempie l’anima e ci arricchisce.
di Benito Olmeo (foto gentilmente concessa da Veronica Abozzi)
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