Lo spirito umano è cosa impalpabile. Parte dall’individuo e si propaga in un viaggio senza fine, toccando corde sconosciute in una rete infinita di anime affini. Quante volte ognuno di noi ha desiderato seguire il proprio spirito nel suo viaggio e lasciare – anche solo per un po’ di tempo – la vita quotidiana partendo alla scoperta di culture lontane? Nel vortice delle responsabilità e dei bisogni da colmare, quasi sempre desistiamo dal mettere la nostra vita in uno zaino e abbandonare il riparo della nostra esistenza protetta. Giulia Lepori è una nostra concittadina – giovane, sensibile intelligente – Michal Krawczyk è il suo compagno – sorridente, lo sguardo pulito e sicuro di una mente acuta e libera. Lei è una linguista, lui è un antropologo, uniti non solo nella vita privata ma nella medesima visione del mondo, da comprendere e vivere con lo spirito del viaggiatore e non del semplice turista. Animati dalla voglia di capire e dall’amore per la condivisione e l’ecologia, Giulia e Michal sono partiti da soli, per quattro mesi, percorrendo il Sud America da un lato all’altro, da San Paolo fino a La Paz. Più di novemila chilometri, l’indispensabile negli inseparabili zaini e solo duemila euro di budget, sono dovuti bastare per entrambi in tutta la durata del viaggio. Un percorso di vita e di scoperta che ha portato i due ragazzi a contatto quotidiano con le persone più diverse, condividendone la vita, il cibo, i costumi, le pratiche e le storie, in tutte le sfaccettature, dalle più felici alle più difficoltose.
Perchè partire?
Michal: Fin dall’inizio abbiamo voluto dare a questo viaggio un’idea ben precisa dettata sia dallo stile di vita che già da qualche anno entrambi abbiamo scelto di seguire, sia dall’interesse per le tematiche ambientali. Pur essendo umanisti e quindi non specialisti nel settore, il nostro è stato un progetto ben preciso al quale abbiamo dato il nome di “Echoes of Echologies”, gli echi dell’ecologia. Siamo andati a ricercare le persone che si mettono dalla parte dell’ambiente: chi si occupa di agricoltura alternativa, coloro che con l’educazione ambientale cercano di cambiare la coscienza e quindi il modo di vivere. Siamo partiti principalmente per arricchire noi stessi, imparando delle pratiche di vita per noi nuove che potessero essere alternative a ciò che ci offre il mondo globale contemporaneo. E poi volevamo fare in modo di portare qualcosa anche qui. Per questo abbiamo tenuto un blog del nostro viaggio. Giulia scriveva in tre lingue e io pubblicavo le foto.
Quanto è stato difficile muoversi quasi senza denaro?
Giulia: Abbiamo cercato di attingere il meno possibile al fondo di denaro che avevamo portato con noi. Ci siamo affidati soprattutto a quello che Michal ha definito fin da subito come “baratto sociale”. A tutte le persone che hanno deciso di accoglierci e ospitarci abbiamo offerto il nostro aiuto, lavorando con loro. Non ci siamo affidati tanto alle nostre conoscenze specifiche – visto che le nostre competenze pratiche fino a quel momento erano abbastanza ridotte, almeno nel campo dell’agricoltura – ma abbiamo imparato tantissimo, facendo diversi tipi di lavoro. Tutte le volte che abbiamo dovuto utilizzare il denaro lo abbiamo fatto quando ci siamo resi conto che fosse giusto farlo. In Paraguay ad esempio, abbiamo incontrato persone che si trovavano realmente a vivere con pochissimi mezzi di sussistenza e, siccome non era certo nostra intenzione quella di “farci mantenere”, abbiamo contribuito economicamente nelle cose pratiche, come fare la spesa per loro e provvedendo a gravare il meno possibile. I pochi soldi che avevamo con noi sono sempre stati utilizzati per con¬dividere qualcosa, almeno il cibo, che spesso invece ci veniva offerto. Un piccolo gesto da parte nostra che mai ci è stato richiesto o preteso da nessuno.
Cosa vuol dire “ecologia”?
Michal: Non è semplice dare una definizione di ecologia. Vari settori ci stanno provando ma con parole molto diverse. Per me e Giulia è soprattutto una filosofia di vita. E’ un diverso approccio non solo all’ambiente naturale, ma tenendo a mente anche l’aspetto sociale molto importante che viene incluso nel concetto, perché l’ambiente riguarda ogni essere umano. Provare a rendere il mondo un luogo più vivibile è prima di tutto un’esigenza personale. Il nostro scopo non è certo quello di cercare di convincere altre persone a seguire il nostro stile di vita. Diamo solo testimonianza, provando a farci conoscere e a conoscere a nostra volta il nostro prossimo in uno scambio continuo.
Che legame si è creato con le persone che avete incontrato?
Giulia: Si è creato un grande legame. Pur non avendolo preventivato, il nostro arrivo ha coinciso con momenti ed eventi particolari della quotidianità di molte delle persone che ci hanno accolto. Abbiamo aiutato ad allestire una mostra d’arte, abbiamo fatto i baristi, abbiamo partecipato ad una fiera annuale di prodotti legati alla terra… tante esperienze uniche che abbiamo vissuto insieme a loro cercando di renderci utili. Alcune delle figure che abbiamo incontrato ci hanno toccato particolarmente. Abbiamo in animo di tornare ma ora la cosa più importante per noi è che si parli e si diffondano le storie e le voci di persone che hanno bisogno di essere conosciute e che stanno vivendo momenti difficili. Non è solo un fatto che attiene alla loro realtà locale ma riguarda tutti noi. Basti pensare che gran parte di ciò che loro coltivano è destinato alla vendita nei nostri mercati. Vorremo tornare in Paraguay e provare a fare un documentario che aiutasse a dar loro voce e creasse una cassa di risonanza.
Realtà lontane ma vicinissime che riportano alla vita rurale anche della nostra isola. Un mondo più vivibile in cui la condivisione delle idee, delle pratiche e delle storie sia in grado di farci tornare ad un sistema di vita più “umano”, è forse il motore che ha spinto questi due giovani studiosi ad immergersi tra le vite di tante persone, lasciandosi toccare dal profondo bisogno di riconoscersi nell’altro in un circolo virtuoso di compenetrazione. Il racconto di questo lungo diario di viaggio e delle foto che ne sono derivate è stato presentato proprio qui a Sassari, davanti ad un pubblico numeroso e partecipe, nello spazio appositamente adibito dalle “Mesaggerie Sarde” di Tiziana Marranci e con la partecipazione dell’agronomo Maurizio Fadda. Una vera e propria mostra che ha regalato all’occhio dello spettatore attento un frammento dello sguardo limpido di Michal e dell’impegno senza confini di Giulia. La mostra è stata di seguito accolta al Festival of Visual Culture of Joensuu in Finlandia attraverso il sistema di un video foto-narrativo dal titolo “Capturing Echoes”, proiettato in loop durante tutte le giornate di svolgimento della manifestazione. Gli argomenti di sostenibilità affrontati nel viaggio si sono legati così al tema del festival: il movimento. Giulia a Michal sono impegnati ora nelle loro attività di studio e lavoro riprendendo progetti già avviati come quello dell’ “orto urbano” o dell’acquisto responsabile e si stanno impegnando per conoscere più da vicino altre realtà presenti nel territorio italiano, così da da poter unire tutte le informazioni raccolte e fornire un resoconto positivo sull’Italia. Un lavoro lungo e impegnativo portato avanti con la forza di chi ha capito l’importanza di guardare oltre e agire di conseguenza. Giulia Lepori e Michal Krawczyk ci dimostrano ogni giorno che tutto questo è possibile!
di Francesca Arca
© RIPRODUZIONE RISERVATA foto: Michal Krawczyk