di Salvatore Muglia
Cordialità e sensibilità costituiscono un armonico anello di congiunzione con l’espressività e l’arte. Queste caratteristiche distinguono le qualità e le capacità professionali di Paola Galleri. È straordinario l’effetto che si prova dinanzi ad una sua opera. È a dir poco, sorprendente ed emozionante, perché si ha la sensazione che ogni elemento da lei dipinto, come parte integrante del creato, ti venga incontro quasi volesse plasmare nello spazio forme e colori per ingentilirlo con la sua profusa dolcezza.
Nelle sue opere Paola Galleri esprime, con squisita delicatezza, la sua forte carica poetica come un canto di fede e di amore per le bellezze della sua Sardegna, che ama al pari di una creatura. La distinguono inoltre: una grande sincerità e carica artistica, unitamente ad un notevole bagaglio culturale.
Paola Galleri è nata a Sassari il 2 agosto del 1941, prima di cinque figli: il padre Piero, ex impiegato di banca, è stato un noto pittore e scultore, ricco di estro, inventiva e molta fantasia. I temi trattati da Piero Galleri sono stati quelli legati sempre all’amata Sardegna. Sua figlia Paola era, però, inizialmente attratta dalle sculture del padre, con il quale collaborava alle realizzazioni come pure i fratelli più piccoli, Giampiero e Giampaolo. Il fratello di Piero Galleri, Paolo era un bravo caricaturista. Quindi, una nota famiglia di artisti nel campo della arti figurative.
Paola Galleri ha frequentato l’Istituto d’Arte di Sassari, avendo maestri quali Figari, Tavolara, Dessì, Tilocca, Silecchia, Fara, Mossa e Secchi. Per il suo carattere dolce ed attento e, sopratutto per i suoi “lavori” era l’allieva prediletta del maestro Stanys Dessì.
Disegnare dal vero era il momento più bello della lezione scolastica e Paola stupiva per la capacità con cui otteneva effetti speciali con la penna feltro. Fin da giovanissima aveva acquisito una grande capacità con l’inchiostro e Mario Delitala era rimasto colpito vedendo alcuni disegni eseguiti dalla Galleri quando aveva 17 anni.
Poco dopo aver conseguito il diploma e, quindi ancora molto giovane, Paola si sposa, cosicché per qualche anno, le cure della famiglia e l’educazione dei quattro figli le impediscono di dedicarsi con più tempo alla pittura come avrebbe voluto. Tanto era il suo amore per la pittura che dipingeva appena poteva, nei momenti di pausa e riposo, sottraendo, talvolta, ore al sonno, ma in compenso la pittura l’ha molto aiutata a superare momenti di ansia, di preoccupazione e malinconia.
Oggi, che è più serena, libera dagli impegni familiari – i figli sono tutti indipendenti – la pittura per Paola Galleri è fonte di gioia e di serenità, sicché i colori dei suoi paesaggi e dei fiori, specchio dei suoi stati d’animo, come per incanto, si sono fatti più luminosi.
La sua pittura è un richiamo, un canto alla natura che fugge dal mondo artificioso e convulso di oggi. Tra i suoi campi di papaveri rossi si provano vibrazioni intense e fuggenti, e paradossalmente si sente il profumo acre e selvatico dell’insieme: questo perché, dinanzi ad un’opera di Paola Galleri, facilmente si può sognare ad occhi aperti. Armoniosi e sentimentali per vivezza policromatica le sue composizioni floreali, di forte effetto, con una raffinata sintesi estetica, ingentiliscono e inneggiano alla bellezza e all’amore.
L’azzurro dei suoi mari è profondo e trasparente, quello dei suoi cieli è delicato, talvolta intenso, talvolta velato di bianche nuvole, ma sempre con armoniosi sprazzi di luce che fanno pensare e riflettere, che accendono le speranze e presagiscono il sereno. Il giallo dei suoi fiori, in particolare quello delle ginestre selvatiche, sa di intrecci magici tra raggi solari e luminosità rubata al cielo in un’alba di un fresco mattino.
Nei suoi paesaggi pare sovrasti una delicata musica di violini che suonano una dolcissima melodia dedicata all’anima, perché è l’anima, che in armonia con il creato, può vivere negli spazi immensi della fantasia e creare, regalando alla vita, la sua più grande espressione di nobiltà: l’Arte.
L’intervista
Paola, com’è iniziata la tua passione per l’arte?
Da piccolissima vedevo mio padre Piero modellare la creta, io con i miei fratelli Antonio,Giampiero e Giampaolo, collaboravo per preparare gli stampi e quindi parte dell’opera da realizzare. Una volta essiccata, mio padre provvedeva a rifinirla ma successivamente bisognava darle vitalità e, sotto stretto controllo, ci impartiva istruzioni per poterla completare con i colori. Questi sono stati i primissimi approcci. Mio padre, pur autodidatta e molto creativo, è diventato molto bravo anche nella pittura. Rimasta affascinata dal suo talento, dai suoi quadri, ho iniziato ad usare pennelli e colori per creare i miei primi lavoretti giudicati validi da mio padre. Ed ecco che, oltre il dono familiare ereditato, ho scoperto come la pittura potesse essere la mia “strada di vita”. Terminate le scuole medie ho deciso di frequentare l’Istituto d’Arte di Sassari, dove, nel corso degli studi, è avvenuta la mia formazione artistica.
All’Istituto d’Arte hai avuto docenti di alto profilo artistico?
Si, ho frequentato l’Istituto in un periodo fecondo e fortunato.
I miei maestri per la pittura sono stati, in assoluto, Stanis Dessy, Eugenio Tavolara, Filippo Figari che era anche il Direttore dell’Istituto, e per le altre discipline artistiche: Tilocca, Silecchia, Fara, Mossa e Secchi.
I lavori venivano eseguiti sempre in Istituto?
Stanys Dessy è stato uno dei miei insegnanti del figurativo, con lui si dipingeva dal vero; ci portava a riprendere la Sassari vecchia e si lavorava in bianco e nero. In seguito sono stata allieva del maestro Michele Casciella con il quale ho iniziato ad imparare le tecniche del colore
Parlaci di Mario Delitala e dei tuoi 17 anni.
Una domanda ricordo… come i colori indelebili. A 17 anni i miei lavori sono stati osservati e valorizzati da Delitala e lo stesso mi convinse ad effettuare un mostra personale, la mia prima mostra in assoluto. In quel periodo ero una ragazza molto triste e piena di problemi – anche se in apparenza non sembrava – ero, come si usava dire in quei tempi, una ragazza complessata. Per questo già da allora, per riscattarmi dai problemi (reali o meno), ho cercato di esprimermi nell’Arte con solarità, cercando la mia gioia nel rappresentare una campagna fiorita, insieme a tutto ciò che Dio ha creato per provare e trasmettere le sensazioni più belle, armonia, serenità, positività.
Hai citato la campagna fiorita: c’è una ragione particolare per la tua espressione pittorica rivolta ai fiori?
No, non esiste una ragione particolare che mi spinge a dipingere i fiori, però trovo, ad esempio, che la Sardegna, nel periodo in cui è fiorita, sia molto più bella, più gioiosa, più calda e solare. È normale, quindi, che venga attratta dai fiori e dai suoi colori. Il fiore della Sardegna mi ammalia e mi regala tantissime emozioni. Generalmente, nei periodi delle fioriture preferisco dipingere all’aperto, in mezzo alla campagna a contatto con la natura.
Conosco diverse tue opere: ne ho dedotto che il giallo è il tuo colore preferito. È così?
Il giallo è un colore che trovo meraviglioso, è caldo, brillante, e tutto ciò che è giallo mi attrae, sopratutto perché ho preso la facilità nell’usarlo, poiché è risaputo che è difficile adoperarlo con successo. Il mio giallo, dico il mio, è diverso dagli altri che vedo: richiama il colore delle nostre ginestre, dà luce e bellezza al quadro. Nelle mie mostre metto in evidenza – quasi in vetrina – i quadri con tendenza al giallo ed è proprio il calore che emana il giallo, come altri colori caldi, che attrae le persone e, di conseguenza, visitano la mostra.
Durante le mostre ti accorgi dello stato emozionale che le tue opere trasmettono al pubblico?
Si, lo vedo da come vengono visitate le mostre, da come vengono apprezzati e commentati i quadri, dall’entusiasmo nel volere un mio pezzo. Sono sempre fra i visitatori, mai distaccata e credo di dare quanto il pubblico merita. Sono una persona sensibile, mi sento gratificata e felice quando mi rendo conto che trasmetto, con le opere, un vero messaggio che viene percepito con facilità.
Durante la giornata in quali momenti ti senti più ispirata per realizzare un’opera?
Non esiste un momento in particolare, percepisco la voglia che mi viene dal cuore che in certi momenti ho e in altri no, anche se comunque vorrei dipingere. Il momento dell’ispirazione è come una spinta che mi viene veramente dall’anima, può essere anche durante la notte. Se mi sveglio ispirata vado in studio e cerco di comporre qualcosa di buono.
C’è un qualcosa che ti spaventa nel mondo dell’Arte?
No, niente mi spaventa, senza paura e senza nascondere niente realizzo ciò che mi detta il cuore. Il giudizio lo lascio agli altri. In rapporto alla mia sensibilità mi spaventa ciò che la vita può riservare: paura di determinati dolori, paura per il mondo in cui viviamo, un mondo che, purtroppo, progressivamente peggiora sotto numerosi punti di vista; vedere la sofferenza altrui mi determina dolore. Ritornando all’Arte, alla mia pittura, non ho proprio paura di nulla
Oltre alla primissima personale all’età di 17 anni come hai proseguito con le mostre?
Le prime colletive, per devozione e ringraziamento, le ho organizzate a Sassari in abbinata con mio padre Piero. Mostre di sola pittura che ebbero grande successo. La prima, era il 1962, la organizzammo a Sassari presso la sala Sciuti, sede del Consiglio Provinciale in Piazza d’Italia. Dal 1963 ho proseguito con mostre individuali e collettive in quasi tutti i luoghi della mia Sardegna, in quasi tutta l’Italia, in Europa e in altri Continenti. L’elenco è vasto, fra le numerosissime in ordine di tempo ne cito alcune: Trieste, Mestre, Milano, Roma, Padova, Chianciano, Ferrara,Verona, Sanremo, Salsomaggiore, Città del Vaticano, Amburgo, Berna, Manila, Parigi, Principato di Monaco, Valencia, Philadelphia, Boston, Amsterdam, Egitto, Belgio ecc. Ho citato città e nazioni ma in ogni luogo le mostre diventavano itineranti e in ogni località esponevo anche nelle città e paesi limitrofi. Le trasferte territoriali duravano molti giorni, a volte anche per un intero mese.
Hai dimenticato New York?
Come posso dimenticare New York? Le mie personali e collettive a New York sono state di una gratificazione unica e tutte hanno riscosso enormi successi. Nel corso dell’ultima mostra ho donato agli organizzatori un “pezzo” molto importante che rappresentava la Sardegna con tutti i riferimenti pittorici che l’isola merita. Il quadro è stato, da loro, riprodotto in Serigrafia a 32 colori e n’è stata fatta una rilevante tiratura.
Per gli Americani e per i Sardi d’America, vedere la natura così viva, com’è in effetti la nostra isola, ancora selvaggia e primitiva, ha rappresentato e ricordato un sogno oramai perduto. Fra i grattacieli non vedono, non vedono veramente quasi più il cielo azzurro, sempre nuvolo e chiuso dalla nebbia; non si vede più un raggio di sole, non si vede più niente di naturale, quindi penso che le mie opere abbiano dato loro quelle belle sensazioni che forse non potranno più avere.
Cos’è, per te, una tela bianca?
È qualcosa che, da sempre e ancora oggi, devo riempire di colore perché vedere il bianco assoluto mi disturba. La devo quindi colorare immediatamente per trasmettere a me stessa e al prossimo le sensazioni personali che provo.
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