di Benito Olmeo
Silvia Argiolas nasce a Cagliari nel 1977, vive e lavora a Milano. La sua ricerca nasce da una trasformazione introspettiva di ciò che accade nella propria esistenza, fatti, odori, incontri. Lavorando con il medium della pittura, attraverso un intervento diretto su tela, gioca con un forte simbolismo e una espressività dal sapore arcaico, accompagnati ad una ricerca dalle tematiche sociologiche ed un interesse verso le teorie della moderna psicologia Lacaniana.
Tra le sue mostre personali ricordiamo: nel 2018 Il Mangiarsi Reciproco presso la Galleria Richter Fine Art a Roma; nel 2017 Lalangue alla Galerie Rompone a Koln, Germany; nel 2015 Last Moments alla Robert Kananaj gallery, Toronto; nel 2014 A Day In The Life alla L.E.M e Walk on the wild side (Conversion Of Evil) presso la Galleria Antonio Colombo, Milano; in 2012 You are not really so bad alla Galleria D406, Modena e nel 2011 The Season of the Witch alla Galleria Antonio Colombo, Milano.
Tra le sue mostre collettive possiamo citarne alcune delle più recenti: nel 2017 Gotico Sardo alla CRAG Gallery, Torino; nel 2015 PanoRama a Torino e la famosa invasione degli artisti a Milano presso la Galleria Antonio Colombo, Milano; nel 2014 Selvatico tre una testa che guarda al Museo Civico delle Cappuccine a Bagnocavallo (RA) e P2P #02 – Deep presso la galleria Circoloquadro, Milano.
Le sue opere sono state esposte in diverse occasioni tra cui molte fiere di arte contemporanea, una tra tutte Artissima nel 2017. Per prendere visione di alcuni lavori e contattare l’artista: http://www.silviaargiolas.com/
L’intervista
Qual è stato Il tuo primo approccio al mondo dell’arte?
Ho frequentato il liceo artistico di Cagliari e, dopo qualche anno, h conosciuto il curatore Ivan Quaroni che ha creduto in me.
Le tue tele, i tuoi lavori in genere, sono principalmente introspettivi ed esistenzialisti: ci racconti questo tuo modo di vivere l’arte?
Semplicemente vivo, amo lavorare sugli stati emotivi. C’è un introspezione nata dopo diverso tempo di analisi lacaniana.
Come e quando hai deciso che Cagliari ti stava stretta a livello artistico?
Milano è la mia terra da 13 anni, amo i suoi ritmi, vivo nella mia casa studio, ho molti conoscenti e dei bravi colleghi e amici.
I tuoi lavori lanciano messaggi ben precisi, diretti, forti, senza pregiudizi e di assoluta libertà. Cosa ti ha spinto verso questo tipo di cultura artistica?
Sono sempre stata una persona libera, faccio quello che sento. Sopratutto le tematiche femminili sono quasi un modus operandi, c’è come uno spirito di rivalsa del femminile in loro. Le mie donne non hanno un ruolo predefinito, generalmente sono le classiche donne odiate dalle stesse.
Ci racconti un momento in cui ti sei accorta che la tua carriera stava svoltando verso la giusta strada?
Mi sono accorta di essere sulla giusta strada quando ho capito che il mio lavoro coincideva con i miei bisogni mentali, ma soprattutto quando ho visto che comunicavo.
Può l’arte aiutare a sentirsi meno soli in un mondo monopolizzato dai social network e dall’elettronica?
La solitudine è bellissima, ci consente di conoscerci. L’arte aiuta sempre. I social network aiutano se li sai guidare.
Se dovessi raffigurarti in un tuo dipinto, come lo faresti?
Se dovessi raffigurarmi sarei sicuramente un quadro sbagliato che rivaluterei dopo anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA