di Francesca Arca

Il fumetto è quella forma d’arte in grado di coinvolgere pressoché chiunque: gli appassionati e gli osservatori meno attenti, gli amanti dei generi più disparati, i conoscitori esperti, a prescindere dall’età anagrafica. L’Italia è paese di lunga e fruttuosa tradizione in questo campo, sia nell’ambito della sceneggiatura che del disegno. Alcuni dei titoli più famosi hanno accompagnato la formazione di molti di noi, più o meno consapevolmente. Dai vecchi “Topolino” della Mondadori a “Tex Willer” della Bonelli, passando per “Alan Ford” di Magnus&Bunker, “Diabolik” delle sorelle Giussani, fino a “Dylan Dog” di Tiziano Sclavi, il fumetto è sempre un mondo affascinante che racchiude in sé molto di chi legge. La Sardegna è terra che ben conosce l’argomento, avendo sfornato alcuni grandi nomi il cui successo ha varcato le coste isolane. Le vicende che portano un artista ad appassionarsi al fumetto sono molteplici e non sempre si muovono attraverso i canoni che ci si aspetterebbe. Capita a volte che seguano strade secondarie e tortuose.

Questo è in larga misura ciò che è accaduto ad Antonio Cabras, fumettista di casa nostra, che – discostandosi un po’ dal suo genere, di solito slegato dalla realtà territoriale – ci ha regalato alcune tavole interamente dedicate alla città di Sassari. Nato nel 1980 – «esattamente fra la strage di Ustica e quella di Bologna ma il mondo, chissà perchè, ricorda solo due tragedie e non il mio compleanno» – sembra aver già vissuto più di una vita. «Disegno da sempre, prima ancora di incominciare a parlare. Che io ricordi, ho sempre avuto una penna in mano – racconta – ero un grande appassionato dei cartoni animati che allora invadevano le reti televisive, Ufo Robot, Dolce Remì, Lupin III. Compravo anche i giornalini di Braccio di Ferro, che allora era il mio eroe preferito.» Personaggio singolare, ironico, dalla splendida conversazione e dallo humour tagliente, Antonio Cabras abita quella sottilissima linea di confine che separa la serietà dalla satira brillante, caratteristiche che sa mescolare con maestria così da lasciare l’interlocutore sempre un po’ spiazzato.

Quando indaghiamo sulla motivazione che lo ha portato a fare del proprio talento anche un lavoro, ci risponde in modo sorridente ma estremamente sincero: «Per disperazione. Devo dire di aver provato a costruirmi una vita “seria”, da buon borghese, come mia madre aveva progettato per me. La mia famiglia, come tutte le famiglie, vedeva bene un figlio in un posto di spicco o di rilievo sociale, dietro una scrivania, magari di quelle in radica di noce. Ma, in fin dei conti, una scrivania la si può comprare lo stesso… anche se non si fa l’avvocato.» Una delle cose che colpisce maggiormente guardandolo parlare, è il repentino cambio delle espressioni che ne disegnano il volto e che ricordano in modo fedele quelle del suo alter-ego fumettistico, protagonista di tutte le strisce che animano la pagina Facebook dedicata al suo lavoro. «Ci ho provato – continua – ho fatto gli studi classici, mi sono laureato in giurisprudenza e poi al momento di esercitare la professione, dopo due anni di pratica, ho capito che provavo un’enorme depressione non appena varcavo la porta dello studio. L’avvocato per il quale lavoravo vide per caso un mio disegno e mi chiese che cosa facessi ancora lì e perché non sfruttassi questo talento. Questa frase fu la molla che mi fece iniziare questo percorso.» Il disegno aveva comunque da sempre caratterizzato la spinta artistica di Antonio Cabras: «Credo di aver provato a fare qualunque cosa, dalla pittura al disegno astratto. Feci anche una mostra nel 2008 che andò piuttosto bene, ma è solo di recente che ho deciso di tornare all’antico.» E mentre ride ci racconta il perché il fumetto sia il modo giusto attraverso il quale esprimersi: «Ho sempre avuto il gusto per la battuta sarcastica e credevo fosse un peccato disperderlo solo nei dialoghi con gli amici. Ho pensato che forse sarebbe stato meglio mettere a frutto tanta “cattiveria” sedimentata nel mio animo!»

Una decisione dunque che ha rivoluzionato in modo preciso la sua vita, lasciando finalmente spazio a quel talento che forse per troppo tempo era stato messo da parte. «Non ho un percorso di studi specifico che possa avermi agevolato e quindi ho certamente delle lacune tecniche. Ci sono tanti disegnatori in Italia, ma anche qui a Sassari, che, in quanto a tecnica, possono insegnarmi tutto. Lavorano infatti per grandi case editrici, disegnando personaggi creati da sceneggiatori bravissimi, facendo disegno realistico in modo incredibile. Penso ad esempio ad Antonio Lucchi, talmente bravo che il solo pensiero mi fa venir voglia di piangere. Disegna dei cavalli stupendi che sarebbero stati apprezzati anche dal grande Aurelio Galeppini, altro sardo celebre nel fumetto.»

La sincera umiltà con la quale Antonio Cabras parla di sé, il suo costante mettersi in discussione e l’interrogarsi sui propri margini di miglioramento, danno la misura della serietà e l’impegno celati dietro le sue divertenti tavole, che riscuotono sempre un ottimo successo da parte del pubblico che lo segue. «Sono un tradizionalista, ancora resisto come l’ultimo giapponese durante la guerra: foglio, matita, pennelli, pennino. poi scannerizzo. Una produzione molto artigianale e funzionale al fatto che il mio lavoro si muova essenzialmente in rete.» Ma il ritorno di Antonio Cabras al fumetto ha ricevuto di recente la prima soddisfazione, a riprova che, con tutta probabilità, la scelta di muoversi tra chine e disegni piuttosto che tra codici e leggi, è stata quella vincente.

Si è aggiudicato infatti un importante concorso isolano riservato ai fumettisti, indetto dal comune di Ghilarza: “Antonio Gramsci – La vita e il pensiero”. «La difficoltà maggiore è stata quella di riuscire a condensare la vita di Gramsci in sole sette pagine, rendendo la narrazione scorrevole e leggera ma cercando, nello stesso tempo, di non sminuire l’importanza e la tragicità delle vicende che hanno caratterizzato la sua esistenza. Mi importava che il fumetto potesse essere interessante anche per un pubblico di ragazzi molto giovani.» Muoversi nel mondo del disegno umoristico con intelligenza ed originalità, senza scadere nella battuta facile ma descrivendo in modo affilato le situazioni più diverse, è una strada piuttosto accidentata che Antonio Cabras percorre però in modo semplice e molto naturale. Il cinema, i miti degli anni ‘70 e ‘80, la passione per le auto, la lotta contro i piccioni che attentano alla carrozzeria della sua Due Cavalli, sono solo alcuni degli argomenti che ricorrono nelle sue strisce, caustiche come acido corrosivo e piacevolmente leggere come tutte le cose che nascono da un pensiero intelligente e libero.

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Potete seguire i lavori di Antonio Cabras cliccando QUI.

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