C’è un giovane artista di Porto Torres che, da qualche tempo a questa parte, raccoglie decine di migliaia di visualizzazioni su YouTube con tutti i suoi singoli e fa il pieno di pubblico ovunque e in qualunque occasione si esibisca. Il suo nome? Angelo Sanna. Ma i fans lo conoscono come Pauz.

Sappiamo (non chiederci come) che da pic­colo cantavi e ballavi davanti allo specchio. Raccontaci com’era il Pauz bambino.

Poi dovrai dirmi come fai a saperlo (ride, ndr). È vero, cantavo e ballavo sul letto per¬ché da terra non arrivavo a guardare lo specchio. Da piccolo, intorno ai sei anni, avevo due miti: Jovanotti anzitutto e subito dopo Freddie Mercury. Vidi per caso in tv il video di “The great pretender”. Mi innamorai di questo cantante, scoprii i Queen e da allora comprai tutte le loro cassette e CD. Dai sei ai tredici anni ascoltavo loro e anche gli Articolo 31. Ero appassionato di questi due generi, molto diversi, ed ecco perché nelle mie canzoni c’è rap ma anche pianoforte. Non mi sono mai ascritto a un genere preciso, anzi entro in paranoia se devo attenermi a schemi prestabiliti. Da bambino, ti dicevo, soprattutto nel periodo delle scuole elementari, ero molto timido. Preferivo stare in disparte pur facendo sport e giocando a calcio. Facevo anche graffiti e avevo la mia crew ma fuori da questi ambienti ero molto timido. Non alzavo neanche la mano per dire che non avevo capito, per non avere tutti gli occhi addosso. Sono rimasto timido fino alla prima superiore, anno in cui cominciai a registrare canzoni. Il cominciare poi a cantare davanti alle persone mi ha fatto passare anche questa timidezza. Vincere la timidezza è una gran cosa perché molta gente, magari, si ritrova a quarant’anni a essere timida, a non parlare con nessuno, quando invece dentro di sé ha molte passioni, molte cose interessanti da poter raccontare. Io ho avuto la fortuna di aprirmi grazie alla musica.

Qual è stata la tua formazione musicale?

Alle scuole medie ero forse uno degli unici due o tre che non riuscivano a leggere le note. Zero pro­prio. Addirittura un giorno facemmo un concerto col flauto e io, che avevo sempre finto di saper suonare, muovevo le dita a caso. Sfortuna volle che la madre di una mia compagna fece un filmato dove si vede­vano tutte le mani dei miei compagni muoversi in un certo ordine mentre io andavo di freestyle, senza soffiare. Beccai la nota e fui obbligato dal professo­re a imparare a memoria “Al chiaro di luna”, e la portai all’esame perché sapevo solo quella. Tuttora la ricordo a memoria. Un trauma. Oggi non suono nessuno strumento in particolare e vado a orecchio quando devo suonare la tastiera. Ecco, il pianoforte è uno strumento che mi piacerebbe molto imparare a suonare bene.

Come hai scoperto le tue doti musicali?

Ascoltavo gli Articolo 31 e facevo graffiti. Tutti i giorni. Dopodiché, ascoltando sempre più dischi, mi veniva in mente di scrivere frasi mie sopra i graffiti finché mi sono reso conto che mi interessava sempre di più scrivere queste frasi anziché fare il graffito. Dal graffito grande con frasi piccole sono passato a frasi grandi in graffiti piccoli, e mi rendevo conto di sapermi esprimere meglio così anche perché, essendo molto timido, quello che mi veniva in mente non lo esprimevo con le persone bensì lo scrivevo. Per me, quindi, questo diventava un modo di sfogo.

Ci racconti come hai scelto il tuo nome d’arte?

Dal niente. Praticamente facevo graffiti e la mia firma era “Paus”. Adesso, a distanza di tanti anni, lo posso dire (ride, ndr), Mi piacevano quelle lettere, non c’era nessun significato. Quando ho iniziato a cantare, la S l’ho convertita in Z, in modo che se fossero venuti i carabinieri sul palco ad accusarmi di pasticciare i muri gli avrei detto che non ero io (ride, ndr).

Quando comincia ad arriderti il successo?

Ricordo che mi lasciai con una mia ex di Alghero nel 2011. Mi comprai in quell’occasione la prima scheda audio con un microfono a condensatore, che sarebbe quello che si usa per registrare, e scrissi il pezzo “Perderti”, un po’ per la mia ex e un po’ perché mi piaceva il genere d’amore. Misi questa canzone su YouTube e spopolò, anche perché in quel periodo c’erano ancora pochi rapper sul web, non era ancora tanto di moda, soprattutto nella provincia di Sassari. Questa canzone piacque molto alle ragazze, tanto che diversi fidanzati la usavano come dedica e da qua in poi mi si aprì un mondo. Addirittura, un giorno mi chiamò una ragazza e mi disse: «C’è Grido dei Gemelli Diversi in TV e c’è una tua canzone in onda». Non ci potevo credere. Ho guardato la replica della trasmissione ed ero veramente io. In realtà, quello che è successo nel 2011, è che mi sono ritrovato solo e io, da solo, riesco a dare il meglio di me. Per assurdo, da solo riesco a stare meglio di quando sono in compagnia di qualcuno che mi vuole bene. Ho messo tutte le mie energie nel fare un disco che si chiamava “I love Pauz” proprio perché l’unica persona che amava me stesso ero io (ride, ndr). In quel periodo un altro mio lavoro fu il CD “D.Oppio” e il video della canzone “La mia Panda”. Questo arrivò a Roma da dove mi contattò il manager degli Arti­colo 31 per offrirmi di girare un video per il pezzo “Vallanzasca”. Fu il mio punto di svolta, dai video amatoriali a quelli professionali. Sono seguite poi diverse canzoni, tra cui “Quando resti sola”, che è stato un grande successo, “Strade di fango”, in collaborazione con i B.Brothers di Porto Torres e altre ancora. Nel luglio dell’anno scorso mi ha chiamato un rapper di Sassari, Teddy Flow, che aveva vinto un concorso per aprire Mondo Ichnusa, a Oristano, dove cantava J-Ax e mi ha chiesto se volessi cantare insieme a lui. Fortuna ha voluto anche che, dopo il Mondo Ichnusa, mi abbiano chiamato gli amici del Privilege Events per aprire il concerto dei Gemelli Diversi, a Sassari in Piazzale Segni. Contando che J-Ax e i Gemelli diversi furono degli idoli per tutta la mia adolescenza, per me è stato come avverare un sogno, chiudere il cerchio. Grazie al connubio Pauz/ Privilege Events e grazie a loro ho viaggiato in tutta la Sardegna conoscendo posti nuovi, persone nuove, mi sono innamorato dei paesini e delle loro tradizio¬ni. Con il Privilege Events abbiamo fatto migliaia di km insieme e, in ogni posto, abbiamo spaccato di brutto, io mi sono emozionato molto, partivamo alle 18.00 e tornavamo alle 5 del mattino a casa. Quello che mi ripagava di tutto era il fatto che si era formata una famiglia. Ho trovato con loro nuove motivazioni per continuare a scrivere, decidendo però di non far uscire più un disco per volta ma singoli. Sono usciti così altri singoli tipo “Se mi lasci solo”, “Sole blu”, “Senza di te”, tutte di grande successo, tutte hanno superato le diecimila visualizzazioni.

Parliamo del rapporto di Pauz con le donne…

Io sono sincero con me stesso e con le ragazze. So già che quando una ragazza si fidanza con me, perderà presto la sua maschera di tranquillità e diventerà gelosa. Perché è come per una modella su cui tutti puntano gli occhi: il fidanzato non può farci nulla. L’importante però è non ferire mai la persona con cui si sta. Io amo tropo la musica per poter assecondare in questo una ragazza, quindi quando è capitato che nascessero discussioni io mettevo sempre la musica al primo posto. Non posso rinunciare a una passione troppo grande per una ragazza gelosa, che magari mi lascia l’indomani. Quindi ho sempre avuto questo rapporto di amore/odio con le ragazze: all’inizio mi dicono che sono bravo cantando e che stanno bene con me; poi, quando mi fidanzo, do tutto me tesso subito e loro si adagiano su questa mia “debolezza”, tentando quindi di distogliermi dalla musica. Infatti mi faccio la promessa, ogni volta che mi lascio, di dedicarmi solo alla musica. Puntualmente però non riesco, perché in fondo ho bisogno di una persona accanto da far sentire speciale.

Come e quando ti viene, di solito, l’ispirazione per un canzone?

Il più delle volte, l’ispirazione di scrivere mi viene quando sono felice. Magari quando conosco una ra­gazza nuova e sono molto preso, oppure quando ca­pitano cose che mi fanno star bene, per esempio se guardo un film comico con sfumature romantiche. Poi ascolto melodie in studio e canticchio con parole a casaccio, dopodiché cerco di analizzarne la metrica e costruire una frase sulle parole a casaccio. L’ispi­razione è come quando ti innamori: non te ne rendi neanche conto e ti sei già innamorato. Così è per la musica. Non te ne rendi conto e magari stai scrivendo il pezzo della tua vita.

Cosa ti senti di consigliare a chi soffre di timidezza e ansia?

Io posso consigliare una sola cosa. La vita è bella e ci sono tantissime cose che si possono fare. Se rimani chiuso in te stesso nessuno potrà capire quanto tu sia speciale. Qualsiasi cosa ti piaccia, dal calcio, alla pallavolo, anche al balletto e magari sei un maschio, non devi vergognarti di essere te stesso ma sempre dimostrare che sai fare del tuo meglio. Io posso raccontare che a scuola ero uno che stava coi bulli, facendo rap e graffiti, però ero anche uno che veniva bullizzato, quindi cercavo di unire i bullizzati ai bulli perché dicevo «Ragazzi, voi potete avere qualcosa in cambio da queste persone, cioè copiargli i compiti, mentre loro possono avere una difesa da voi», quindi creavo questa specie di comitiva tra bulli e bullizzati per vivere tutti insieme, in collaborazione. Anche quelle persone più chiuse in loro stesse iniziavano a scherzare con i più discoli, cosa che mai avrebbero fatto. Quindi a chi ha questo problema posso solo consigliare di sorridere, di vivere la vita. Ci sarà sempre un persona che ti farà battere il cuore e ci sarà sempre una persona che magari non ti conosce e, conoscendoti, potrebbe anche innamorarsi di te.

Ti va di condividere con noi il tuo sogno?

Condivido e metto anche “mi piace” (ride, ndr). Il mio sogno era quello di cantare su un palco o di registrare una canzone. Ti dicevo, ho cantato con i miei miti, faccio videoclip, faccio canzoni, quindi non ho niente da chiedere alla vita oltre quello che ho già avuto. A tutte le persone che hanno un sogno nel cassetto consiglio quindi di non abbattersi mai. Qualsiasi sia il tuo sogno non c’è niente che possa contrastarlo tranne te stesso, Avere un sogno e pensare che sia troppo grande per realizzarlo è una cazzata, perché qualsiasi sogno può essere realizzato, basta volerlo.

di Daniele Dettori
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