Cosa c’è dietro un sorriso? E’ una domanda che difficilmente capita di porsi. Eppure in un mondo abituato a mettere l’accento su ciò che toglie entusiasmo, diventa più difficile farsi contagiare da questa spensierata malattia che, in modo paradossale, cura le pieghe profonde delle anime stanche. Nicola Virdis ha fatto del sorriso un’arte che riesce a declinare in forme e colori diversi, accomunati dalla gioia bambina del giocare. Trentaquattrenne ma con già alle spalle una carriera di tutto rispetto, Nicola è un personaggio che mal si può adattare ad una sola definizione: giocoliere, circense, attore, performer, cabarettista, docente. Una mente sempre in fermento, la capacità intuitiva di creare e cogliere le occasioni, il coraggio di credere nel proprio talento e la costante determinazione nel migliorarsi, hanno reso Nicola Virdis uno degli artisti isolani più promettenti e apprezzati anche al di fuori della nostra regione. «Ho iniziato a fare giocoleria grazie a mio zio Michele, quasi per scherzo. Ero a casa di mia nonna e giocavo con tre palline fatte con lo scotch e la carta stagnola. Avevo forse quindici anni – dice Nicola quando lo incontriamo in una pausa tra i suoi numerosissimi impegni – e inizialmente era un modo per passare il tempo. Poi, esercitandomi, la cosa mi ha coinvolto di più. Il caso ha voluto che incontrassi il classico “amico di un amico” che sapeva fare esercizi più complessi dei miei. Allora decisi di provare a migliorare!» Mentre racconta, il sorriso di Nicola si allarga sempre di più, mettendo in risalto la timida sfrontatezza che si ritrova identica ed intatta nei volti giocosi delle sue splendide bimbe, Nicoletta e Matilda. «Ricordo ancora che acquistai le mie prime palline da giocoliere proprio in quel periodo, in un negozio in Via Savoia qui a Sassari, che non esiste più. Le avevo pagate dodicimila lire l’una! Una cifra considerevole per me che ero un ragazzino. E pensare che le persi in piazza!» Negli anni ‘90 era difficile trovare un luogo di ritrovo in cui fosse possibile esprimere la propria creatività al di fuori degli ambiti “classici” di condivisione. «Incontravo gli amici in Piazza Castello. – continua Nicola – All’epoca la piazza era ancora divisa dalla strada in due parti. Da un lato stavamo noi. Quelli con le catene, un po’ “punk-rock”, dall’altra stavano gli altri, i “mondezzini”. Ci tiravano anche le monetine! Io mi allenavo proprio lì. Poi con un amico ancora più giovane di me abbiamo provato ad esibirci alle feste di compleanno degli altri ragazzi. Ci facevamo chiamare “Otto e Smizo”! Lui più basso e corpulento, io lungo e magro come sono adesso.» Il tempo è passato molto velocemente dagli anni in cui Nicola Virdis era solo “Smilzo”: la scuola di circo a Torino, l’incontro con la compagna ideale per condividere la vita privata e quella personale, sua moglie Sara Barozzino, l’insegnamento, l’esperienza della clown-terapia, i viaggi per il mondo, dalla Romania alla Cambogia, fino alle esibizioni in tutta l’Italia e la partecipazione ad importanti eventi. «Facevo il primo anno di università quando sono partito per la scuola di Cirko Vertigo a Torino. Ero abbastanza spaventato. Mi sono esibito in un numero di giocoleria, indossavo una salopette blu corta da metalmeccanico al mare, una maglietta gialla e le All Star gialle! Sembravo una specie Winnie The Pooh magro o un Minion allungato! Credevo di aver sbagliato il numero che avevo preparato. Fuori dalla scuola mi misi a piangere per aver giocato male la mia occasione. Invece, quando ormai avevo perso le speranze, scoprii di essere stato ammesso al biennio e fu una goia immensa!» Durante tutta la sua carriera Nicola Virdis ha conosciuto personaggi peculiari in grado di segnare il percorso del suo lavoro e l’approccio alle cose e alla vita. «Io sono un giocoliere e trovare un posto in un circo non era facilissimo, ma volevo esibirmi davanti ad un pubblico e decisi perciò di lavorare nel circo Ringland. Lì incontrai Vladi Rossi, un clown d grande esperienza, il cui motto ancora tengo ben presente: “Non è importante cosa fai, ma come lo fai!”. E’ stata un periodo molto formativo!» Ciò che riesce a differenziare l’arte di Nicola Virdis è la sua capacità di mischiare diverse forme di intrattenimento, cogliendo la sfumatura giusta per stupire e divertire senza mai cadere nella comicità un po’ becera che strappa la risata attraverso la banale volgarità. I suoi due personaggi più riusciti “il Nerd” e “Nico Fontaine”, che da anni animano le tournée dei suoi numerosi spettacoli anche al di fuori della nostra isola, giocano su un piano di ilarità immediato, che ironizza sull’anacronismo, la stranezza, le manie e quel pizzico di goffaggine surreale che caratterizzano un po’ l’essere umano. Uno studio accurato dei numeri, alternati alla dedizione costante nella giocoleria e alla passione smisurata per il proprio lavoro stanno aprendo a Nicola numerose opportunità di miglioramento, che spesso lo portano a fare la spola tra Sassari e la penisola. «Sono tornato qui nella mia città nell’ottobre del 2010. Ci tengo tantissimo. Sono cresciuto in Corso Trinità, ho vissuto in Via Turati, sono andato a vivere in campagna a quattordici anni. La Buddi Buddi era un classico ed ero legato ai mezzi. Tutt’ora l’ultimo tram è sempre quello delle 21.20, quello che usavo per tornare a casa finchè non ho preso la patente. All’epoca ero un adolescente un po’ “addormentato” – conclude Nicola – mi sono svegliato grazie alla giocoleria. Per lavorare nel nostro territorio bisogna credere tanto in ciò che si fa, fare progetti e farsi conoscere professionalmente. Negli ultimi sei anni ho lavorato in numerosissimi laboratori per ragazzi e adolescenti tra Sassari e Stintino, per Mondo X a Siligo, nella comunità di Padre Salvatore Morittu, e ancora adesso continuo a cercare nuovi stimoli e idee da proporre qui in Sardegna anche se spesso il lavoro mi porta fuori.» E chissà quanti altri traguardi e quante altre soddisfazioni attendono quel ragazzino smilzo che si esercitava in Piazza Castello! Nicola Virdis non ha svelato cosa ci sia dietro un sorriso però ha mostrato in modo sicuro, col suo talento e il suo animo trasparente, che dietro un gesto così semplice e gratuito non c’è mai “qualcosa”… ma sempre “qualcuno”.
di Francesca Arca
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